Aprile 2014, da un certo luogo di un ciclismo che soffre …
Lei gestisce una squadra di giovanissimi che porta il nome di
Pantani, come va?
Così così, l'abbiamo creata nel 2005 su richiesta
della mamma di Marco. Siamo partiti da 50 tesserati, abbiamo aperto
una seconda sede a Cesenatico dove alleno io. Ora però
siamo a 23 ragazzi. Perché? Il massacro del doping non
ci ha aiutato, ma è la logistica che pesa di più:a
Cesenatico abbiamo un pistino chiuso che condividiamo con i ragazzini
di Fausto Coppi e Sidermec, ma a Forlì siamo costretti
a pedalare in un parcheggio della zona industriale, un 'cosino'
talmente piccolo che ai G5 e G6 va troppo stretto. Allora servono
una macchina di scorta, un pulmino, accompagnatori in bici per
uscire su strada: difficile trovarli, difficilissimo trovare volontari.
Una volta c'erano ed erano anche tanti …
Lo so bene! La Rinascita Ravenna aveva cinquecento soci che lavoravano
per il ciclismo e organizzavano il Giro d'Italia Dilettanti. Che
fine hanno fatto ? Si sono spostati tutti sul cicloturismo o come
praticanti o come organizzatori. Le tante grandi società
presenti sul territorio si sono smembrate e rimpicciolite, con
tre o quattro persone, che fanno tutto. Tutto quello che possono
Gli altri semplicemente pedalano. Lo zoccolo duro di volontari
che portava i ragazzini a correre, mettendo a disposizione tempo
e mezzi, non esiste più. E gli sponsor vanno dai cicloamatori
perché, se tu vendi qualcosa, giustamente devi andare da
chi può comperare e non dai ragazzini. La granfondo Novecolli
ha bruciato tredicimila iscrizioni in tre ore; quello è
il movimento che interessa agli sponsor.
A parlare questa volta è Giuseppe Roncucci, detto ‘Pino’,
storico d.s. della Giacobazzi, primo scopritore di un certo Marco
Pantani da Cesenatico, profondo conoscitore del ciclismo giovanile
e per ciò seriamente preoccupato per un mondo che pare
destinato al tramonto.
Se a molti di Noi leggere che i 50 ragazzini son divenuti 23 può
ancora fare invidia, il problema è che se le capitali del
ciclismo come le cittadine romagnole dimezzano, dalle nostre parti
si fanno i conti con terzi e quarti, se non con i decimi che restano
di un movimento che soffre.
E allora – come nella storia di chi sapeva chiedere ma non
aveva nulla da offrire e di chi, avendolo, non osava chiedere,
sopravvissuti solo unendo le loro forze - perché non guardare
in faccia la realtà e dirsi, almeno una volta, la verità
?
Quante sono le squadre giovanili che di anno in anno schierano
a stento 4-5 giovani, come in una politica cinese del figlio unico
applicata al ciclismo.
Quante vedono andar via i ragazzi perché non possono far
squadra per 2 o 3 di loro e quante, invece, potrebbero unire le
loro forze sotto una bandiera comune, da presentare agli sponsor
ed alle federazioni dicendo loro: Noi ci siamo perché ci
siamo stati e perché continueremo ad esserci !
Certo non è facile, se le bandiere son più dei campanili
e se un solo giovane mio conta più di dieci in comune,
che magari vincono pure … ed allora condanniamoci alle trattative
di sottobosco, alle mezze parole ed alle squadre di famiglia,
costruite non intorno ad un obiettivo, ma per dare il primo posto
fisso al tesoretto di famiglia.
Città ed aree metropolitane come Torino – lo abbiamo
già visto nel numero scorso – soffrono ma al contempo
offrono, soffrono di spazi ma offrono ragazzi, tocca solo inventarsi
un modo per andare a trovarli dove sono, incuriosirli e coinvolgerli
in un progetto, non affidato però alle buone volontà
di genitori e nonni, ma concreto e professionale, moderno e classico
al contempo.
Tornare nelle scuole, allora, offrire spazi ed un percorso di
formazione sportiva ed avviamento all’agonismo, ma soprattutto
presentarsi come una forza comune del territorio e non dividersi
in mille rivoli che seccano al primo sole …
Un’idea, quindi, di federazione tra chi già c’è,
di messa in comune di un patrimonio di sapere condiviso come la
passione per il Nostro sport, di competenze da ottimizzare senza
condannarsi ad un perenne dilettantismo volontaristico.
Un consorzio, una federazione o quello che volete Voi, tra e
con i nomi delle migliori squadre giovanili del territorio, pronte
ad indirizzare i propri giovani a quella più adatta alla
singola categoria, scambiandosi le migliori speranze e collaborando
al futuro di un territorio sportivo altrimenti destinato alla
perenne cura di un orticello sempre più piccolo ed inaridito
dalle mille altre e vincenti tentazioni giovanili.
Un’idea ... folle magari … ma forse l'unica per garantire
un futuro allo sport che amiamo o, almeno, per pensarlo possibile.
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