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Master News 3 - maggio 2014 - pagina 2

MondoRando

le corse senza fretta l'amicizia senza classifica

il piacere senza il tempo

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Partiti siamo partiti … e partiti eccome, con una Rando di Vigone corsa (ed è proprio il caso di dirlo) a quasi 28 di media, che non saranno poi molti se confrontati alle medie di giovani e giovanissimi, ma pur sempre tanti se tenuti su oltre 200 km con qualche collina ed una salita alpina, al cospetto del Monviso.

Partiti siamo partiti, quindi, purtroppo senza Claudio Artico fermato da un infortunio e senza Sergio per solidarietà paterna, ma con Aldo Limone, Clemente Maina, Enrico Cannoni, Guido Conte e l'amico Luigi Antonielli, accompagnati dagli immancabili errori di gioventù, come la mancata conoscenza del percorso che ha obbligato i Nostri a sottostare alle altrui velocità per non perdersi nella campagna saluzzese, attenti solo a non staccarsi da chi conosceva o mostrava comunque di conoscere la strada.

Ed allora occhio per il futuro al pacco-gara che alcune Rando offrono o comunque all'indispensabile road book, che permette di prevedere bivi e svolte senza obbligare tutti a mulinare a testa bassa come in una cronosquadre.

Però il tempo pur incerto ha retto … e le gambe pure, anche di fronte alle inaspettate asperità del Roero, sottostimate da qualcuno al momento di presentare agli altri la Rando di Vigone come una sorta di prova autostradale.

Quanto alla gara due sole notazioni, dedicate entrambe più che alla tecnica vera e propria, all’importanza di un giusto atteggiamento psicologico, mai spavaldo ma neppure preda del facile sconforto.
In fondo, ad ogni gara i primi chilometri sono quasi sempre trascorsi col pensiero che – a quel ritmo – non reggeremo certo fino alla fine, ma poi come d’incanto – alle prime salite o perché quel pensiero è più diffuso di quanto credessimo – il ritmo cala ed ognuno ne ritrova il proprio, tenendo fede da quel momento in poi all’unico imperativo di finire la prova.
Ed allora la prima nota è da dedicare all'attenzione ai moltissimi dati che i moderni ciclocomputer offrono al ciclista e che sono certamente assai utili per controllare la prestazione, ma talvolta hanno gravi effetti collaterali sul morale, quando confermano la teorica impossibilità di affrontare ciò che – comunque – si sta affrontando …
Nel ciclismo, come in fondo nella vita, testa e gambe vanno insieme e se la prima crolla, tutto segue ed allora – soprattutto in salita – unico riferimento deve restare la nostra sensazione, adeguando il passo e magari suddividendo psicologicamente lo sforzo in tratti brevi – da una curva alla successiva – lasciando al dopo il vanto della percentuale.

La seconda notazione è ancora dedicata alla salita, croce e delizia del pedalatore, ed al fatto che la gara – sia essa una Rando o una Granfondo – non pare essere il luogo ideale per fare esperimenti o lavori specifici, entrambi certamente assai utili ma da riservare agli allenamenti.
Ancora una volta è la testa a condurre, partendo col solo obiettivo di arrivare e non certo con quello di provare a pedalare più duro o fare sforzi maggiori o diversi da quelli comunque necessari a concludere la prova, primo, costante ed unico pensiero.

Toccherà poi al primo allenamento successivo alla gara – dopo quello dedicato allo scarico – valutare se quanto si è fatto andava fatto e fatto così, magari riprovando su un tratto simile a quello percorso in gara – se non meglio ancora sullo stesso – ad affrontarlo in modo diverso, tenendo comunque conto che la pressione psicologica di una gara – sia essa tanto di stimolo quanto di freno – non sarà mai riproducibile se non al prossimo appuntamento agonistico, cui arriveremo però sempre più preparati e consapevoli di quanto ci attende.

Non credete?

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