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Master News 3 - maggio 2014 - pagina 3

MondoFango

ruote grasse, non solo inverno, sfida e curiosità

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Come promesso, chiudiamo il discorso introduttivo sul mondo mtb e sulle rapide trasformazioni che lo hanno contraddistinto dopo che per almeno una ventina di anni era parso sostanzialmente immutato se non per il comparire delle forcelle ammortizzate e dei freni a disco.

Se il numero scorso abbiamo parlato di front e full e della loro diversa naturale destinazione, affrontiamo ora il tema fondamentale delle differenze di guida fra 29 e 26, o meglio 27,5 dato che le 26 pollici sono in rapidissima estinzione e le case stanno spingendo forte sul nuovo standard, forse anche per non destinare al macero i loro forniti magazzini.
Sono infatti numerosi i telai da 26 che – ovviamente sostituendo la forcella – consentono di utilizzare le ruote intermedie, il cui pollice e mezzo in più non comporta ostacoli al passaggio della ruota posteriore né – ovviamente – al settore freni, ormai unicamente a disco e pertanto indifferenti alla misura del cerchio.

Ciò detto sulle 27,5 – che oltre a quelle dei produttori - soddisfano le esigenze degli atleti di minore statura e forse meglio si adattano alle maggiori escursioni tipiche del downhill, veniamo a parlare della differenza in sella tra una 27,5 ed una 29.
Premesso che le 29 si avviano a diventare egemoni tanto fra le front – ove in realtà già lo sono – quanto tra le full, la principale differenza nella guida è data dalla maggiore inerzia che una ruota più grande e relativamente più pesante impone alla bicicletta, tanto nell’acquisizione di velocità quanto nel cambio di direzione.
Ovvia conseguenza è quindi il dover cercare di non perdere mai velocità e fare della maggiore scorrevolezza che le 29 offrono una volta in movimento il punto di forza della nostra guida, che sarà quindi orientata alla fluidità piuttosto che a rapidi cambi di ritmo e di direzione, ostacolati peraltro anche dalla minore agilità dimensionale del mezzo.

Se proprio vogliamo usare l'ennesimo termine anglosassone, il segreto sarà quindi nel flow, nel seguire il sentiero assecondandolo e limitando al massimo frenate e ripartenze, circostanze nelle quali le 26 e le 27,5 mostrano ancora un qualche vantaggio. Così facendo l’effetto volano della ruota di maggiori dimensioni unita alla maggiore facilità di superare gli ostacoli – tutti relativamente più piccoli – e addirittura al maggior peso relativo del mezzo diventeranno componenti positive, superando di gran lunga l’ostacolo di un superiore ingombro del mezzo, in verità più psicologico che reale e sensibile solo nei passaggi di bosco o nei sentieri più stretti e tortuosi.

L’obiettivo flow si raggiunge però non solo orientando lo stile di guida – ad esempio frenando di meno, grazie alla maggiore stabilità e tenuta che l’appoggio maggiore della ruote consente – ma anche disponendo di rapportature relativamente agili, con doppia anteriore mai superiore al 38-39 proprio per evitare ripartenze troppo dure e la conseguente perdita di velocità.

In salita ed in uscita di curva poi, la maggiore trazione consentita dai centimetri di copertura a contatto col terreno in più, permette di pedalare più spesso in fuori sella senza slittamenti della ruota posteriore, così potendo affrontare tanto brevi rampe quanto le eventuali ripartenze in piano, riservando alla pedalata da seduti – che scoprirete ben più produttiva rispetto ad una 26 – alle salite lunghe e regolari, dove un rapporto agile e le ruotone vi porteranno con sicurezza in cima.
In fondo, a ben vedere, uno stile che – pur tra sassi e radici, schizzati di fango o coperti di polvere – non si allontana poi tanto da quello della bdc, dove tanto il fflow (magari chiamato più nostranamente capacità di far correre la bici) quanto l’andatura en danseuse sono obiettivo del più spericolato discesista ed epico emblema del perfetto scalatore …

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